Il Discours de la licorne del medico francese Ambroise Paré, sullo sfondo di un più generale processo di revisione delle conoscenze scientifiche dell’antichità che attraversò tutto il XVI secolo, è la narrazione dello svelamento di una secolare impostura: quella che – abilmente alimentata da ciarlatani senza scrupoli – accreditava le proprietà terapeutiche e, in particolare, antivenefiche del corno di liocorno.
Una creatura di là del possibile che, frutto di un’ossimorica sintesi tra razionalità e fantasia, natura e cultura, dolcezza e ferocia, ha popolato per secoli il nostro immaginario trovando nelle diverse mitologie il suo habitat naturale.
Un misterioso animale che, seppur invisibile e intangibile nella sua natura fisica, era tuttavia ritenuto assolutamente esistente, anche sulla scorta delle testimonianze di splendidi alicorni – i preziosi corni assiali dell’ineffabile creatura – che, gelosamente conservati nei gabinetti segreti di farmacie e laboratori alchemici, nelle wunderkammer dei principi e nei tesori di chiese e abbazie, fungevano, con incredibile coup de théâtre e perturbante concretezza, da misterioso passepartout tra reale e immaginario.
Discorso sul liocorno
Ambroise Parèa cura di Antimo Cesaro
Anno di pubblicazione: 2014
Formato: 128 p. b/n, ill.
Collana: iverbibrevi
ISBN: 9788890953729
8,00€
Biografia dell'autore
Ambroise Paré (Bourg-Hersent, 1510 ca. – Parigi, 1590) è considerato il padre della moderna chirurgia.
Avviato, ancora adolescente, alla pratica di barbiere-chirurgo, nel 1533 iniziò un periodo di apprendistato presso l’Hôtel-Dieu di Parigi sotto la guida di Jacobus Sylvius, maestro di Andreas Vesalius. Ebbe così la possibilità di acquisire considerevoli conoscenze anatomiche attraverso la pratica di dissezioni e necroscopie.
Prese parte a varie campagne militari in qualità di barbiere-chirurgo. Grazie all’esperienza sul campo affinò a tal punto le sue abilità chirurgiche da essere accolto ufficialmente nella corporazione dei barbieri di Parigi.
Chirurgo di Enrico II, fu nominato "Maestro del Collegio Reale dei Chirurghi" (1554), nonostante l’ostilità dei professori dell’École de médecine, che vedevano in lui un uomo di mediocre cultura (ignorava le lingue classiche) e un pericoloso innovatore dei metodi tradizionali. Fu poi archiatra di Francesco II, Primo Chirurgo di Carlo IX, e, successivamente, di Enrico III.
Introdusse numerose e notevoli innovazioni nella tecnica chirurgica, ad esempio: il metodo di legatura dei vasi nelle amputazioni; l’innovativo trattamento delle ferite da arma da fuoco con un unguento a base di tuorlo d’uovo, olio di rose e trementina; l’operazione del labbro leporino.
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